venerdì, 13 Dicembre 2024
Il Vescovo Mauro Parmeggiani

 

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Quinta Vicaria

Cervara di Roma - Maria SS. della Visitazione

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0774 828793

INDIRIZZO
Via Giuseppe Verdi snc, (00020) Cervara di Roma (Rm)

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PARROCO
Don Attilio Ferrari

Cenni Storici

La collegiata è dedicata a Santa Elisabetta e San Felice Martire, le cui spoglie, traslate dalle catacombe di San Callisto a Roma per volere di Pio VI, riposano in una urna sotto l’altare maggiore. La rustica facciata della Chiesa, che poggia sulla roccia in fortissimo pendio, presenta un portale rinascimentale in pietra locale; un’antica torre campanaria, con 4 campane, completa l’insieme. La costruzione risale al XV secolo come si desume dall’iscrizione posta sulla campana più grande. L’interno presenta una sola navata con volta a forma di botte; oltre l’altare maggiore rivestito di marmi in forma policroma, vi sono 6 altari minori con altrettanti dipinti, tra i quali una Visitazione dell’inizio del secolo XVIII, da cui prende l’attuale denominazione della Chiesa; una Madonna del Carmine dello stesso periodo e l’Assunzione della Vergine in cielo presumibilmente di epoca antecedente. In un locale annesso alla Chiesa è conservato un quadro del SS. Salvatore opera del secolo XV: realizzato a tempera su tavola apprestata con preparazione a gesso, è stato restaurato a Roma nel 1956. Degna di non meno ammirazione è la Chiesa di Santa Maria della Portella situata su una collina alle porte del paese, dove si venera da tre secoli una statua in terracotta della Madonna col Bambino. Arroccato su uno scosceso ed enorme scoglio dei monti Simbruini, Cervara di Roma si estende per buona parte ad anfiteatro fra i dirupi della Morrecchia Nera e di colle Pero. Dista 60 chilometri da Roma e domina con grandiosi panorami l’alta valle dell’Aniene. Sulle sue origini storiche sono state avanzate varie ipotesi e ancora oggi i pareri sono discordanti. Secondo alcuni autori, e tra questi il Nibby, la prima citazione storica del paese sarebbe contenuta nell’atto di donazione al monastero sublacense di alcune terre, fra le quali il monte Cervario, redatto verso la metà del IX secolo dal duca console Cesario. Un secondo documento di Papa Niccolò I avrebbe confermato, nell’867, questo dono aggiungendovi l’obbligo di edificarvi un castrum. Altri autori, tra i quali il Lanciotti, sostengono invece che un gruppo di saraceni, sfuggito nel 916 alla strage di Vicovaro, si sarebbe rifugiato sul monte costruendovi il paese di Cervara, così chiamato per la tana di un cervo trovato su quello scoglio inaccessibile. Tra queste discordanze una testimonianza certa si riscontra nella lapide fatta apporre nel chiostro di Santa Scolastica dall’abate Umberto, inviato da Leone IX a reggere con la massima cura il monastero di Subiaco. In essa Cervaria veniva inclusa fra i possedimenti del monastero benedettino fin dal 1052. Il toponimo è collegato alla presenza di numerosi cervi che all’epoca popolavano i monti circostanti. Nel picco più alto e inaccessibile del monte venne costruita, nella prima metà dell’XI secolo, la fortezza e il paese venne designato Rocca Cervaria nell’atto col quale Papa Pasquale Il riconfermava il possedimento dei beni al monastero. Il dominio dei benedettini venne contrastato da Pelagio di Jenne, amministratore di Santa Scolastica che, dopo aver tentato inutilmente di farsi eleggere abate del Sublacense occupò con l’inganno, nel 1273, la fortezza di Cervara circondandosi di uomini senza scrupoli. Dominò il feudo per tre anni, saccheggiando e devastando castelli e campagne finché Guglielmo di Borgogna, inviato da Papa Innocenzo V, dopo due mesi di scontri sanguinosi, riuscì a sconfiggerlo. Catturato e condotto in carcere nella rocca di Subiaco, morì fra stenti e sevizie mentre i suoi soldati venivano passati per le armi. Alla fine del XIII secolo si ha notizia di numerose incursioni di tiburtini che imposero dazi o gabelle ai paesi circostanti. Le incursioni si protrassero, con alterne vicende, per lunghi anni finché i tiburtini, sconfitti dall’abate francese Ademaro nella battaglia di Campo d’Arco, chiesero la pace ed ebbero l’onore delle armi. Con le spoglie dei vinti e con il riscatto dei prigionieri fu costruito a Subiaco il ponte di San Francesco. Numerosi disordini si verificarono durante il governo dell’abate Tommaso da Celano che, oltre ad aver tassato fortemente i suoi sudditi, non diede al monastero le annue cento rubbie di grano. I monaci si ribellarono fortificandosi nella rocca di Cervara. Papa Bonifacio IX, temendo che i contrasti tra l’abate e i monaci potessero causare una diminuzione del culto, ordinò al Vescovo di Segni di occupare Cervara ristabilendo l’ordine nel territorio. Nel 1509 Pompeo Colonna, figlio del principe di Salerno, nominato abate del Sublacense, tentò con un colpo di mano di restaurare la repubblica romana. Fallito il tentativo, si salvò dal furore di Papa Giulio Il rinchiudendosi nella rocca di Cervara e rimanendovi fino alla morte del Papa. Il territorio del paese subì un duro assalto nel 1592 ad opera dei briganti di Marco Sciarra che distrussero il vicino paesetto della Prugna massacrando uomini, donne e bambini; sfuggì un solo abitante a cui venne dato il soprannome di “Prugna”, cognome tuttora esistente in paese. Papa Benedetto XIV tolse nel 1753 all’abate commendatario la giurisdizione temporale che passò direttamente alla Congregazione del Buon Governo. Il Sublacense cessò di esistere come ente autonomo e fu sottoposto al potere di un governatore e di un giudice nominati dalla Congregazione. Dopo il 1870, compiuta l’unità d’Italia, Cervara prese parte alle vicende della nazione. I suoi abitanti parteciparono alla prima e alla seconda guerra mondiale e a episodi della Resistenza. Il paese tipicamente medioevale è dominato dai resti della vecchia fortezza che gli abitanti del luogo chiamano Corte, costruita nella prima metà dell’XI secolo e restaurata e fortificata nel Cinquecento da Pompeo Colonna, abate di Subiaco. A ridosso della rocca sorge la Collegiata di Santa Elisabetta e San Felice Martire.