sabato, 15 Marzo 2025
Il Vescovo Mauro Parmeggiani

 

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Seconda Vicaria

Marcellina - Cristo Re

ORARI MESSE

FESTIVI
9.00 11.30 17.30 (19.00 luglio)

PREFESTIVI
17.30 (19.00 Luglio)

FERIALI
9.00 (est) | 17.30 (inv)

AGOSTO
Festivi: 10.00 19.00
Pre-festivi: 19.00
Feriali: 9.00

RECAPITI

PERSONE

PARROCO
Mons. Domenico Cauteruccio

VICARIO PARROCCHIALE

Don Diego Lozzi

DIACONI IN SERVIZIO
Fiorenzo Orati
Fernando Giosi

Cenni Storici

La Chiesa di Cristo Re in Marcellina è stata realizzata per far fronte alle necessità religiose di un paese in continua e veloce crescita demografica. I lavori iniziarono nel 1953 con il Parroco Don Ugo Antonucci e l’architetto Beni. Il 4 dicembre 1965 con rito solenne il vescovo di Tivoli Mons. Luigi Faveri, alla presenza delle autorità, di un grande numero di sacerdoti, del popolo marcellinese, consacrava l’imponente chiesa dedicata a Cristo Re. Il primo documento che riguarda Marcellina è del 1030; in esso è citato il Castello di Turrita, i cui ruderi si trovano nell’omonima località, a circa due chilometri e mezzo dal paese. Non si conoscono le origini del castello, ma nella seconda metà del XIII secolo apparteneva a Lorenzo di Rinaldo di Tivoli e successivamente passò prima ai monaci di San Paolo fuori le mura e dopo agli Orsini. A nord-est dell’attuale abitato, in località Castellaccio, sorse invece il castrum Marcellini citato in una bolla di Papa Anastasio IV del 1153, dalla quale risulta che era feudo di Gregorio De Marcelliso Della casata dei Marcellini, per almeno tre secoli feudatari della zona, il comune ha conservato non solo il nome, ma anche lo stemma con sei rose d’argento in campo azzurro e l’aquila. Nel luogo acquistò via via importanza l’Abbazia di Santa Maria in Monte Dominici, risalente forse al IX o X secolo. Questa possedeva allora un rilevante complesso di beni e dipendenze, costituito da un patrimonio fondiario e da 14 chiese, dislocate lungo un tracciato che dal territorio di Marcellina saliva a San Polo. In quell’epoca il passo di San Polo, che consentiva le comunicazioni tra la Sabina e la valle dell’Aniene evitando Tivoli, era oggetto di aspre contese. Dal sito dove sorgeva il monastero si controllavano bene le strade che venivano da Palombara e da Montecelio, proprio dove si diramavano in direzione di Tivoli e di San Polo, costituendo perciò la chiave di accesso alla montagna. L’insediamento era inoltre facilitato e predisposto dagli imponenti resti di una villa romana, che offriva tra l’altro abbondante materiale da costruzione già lavorato. L’importanza politica del monastero provocò presto un mutamento della sua condizione giuridica. Nella seconda metà del XII secolo fu sottratto al vescovato di Tivoli e attribuito all’Abbazia romana di San Paolo fuori le mura, che andava allora ricostituendo il suo dominio alle falde del monte Morra. Nel 1203 Papa Innocenzo III confermò questa dipendenza, ma non cessarono le contese tra i monaci e i Marcellini sul possesso del territorio: ne seguirono aspre lotte e, verso il 1220, il castrum fu incendiato e distrutto dai soldati dei monaci. Buona parte della popolazione del borgo fortificato andò perciò ad accrescere un gruppo di case attorno all’abbazia e vi continuò a risiedere come nucleo indipendente fino al 1558, conservando integri i diritti sull’antico territorio. Nacque così la nuova Marcellina. Le terre del monastero vennero poi, a seguito di un accordo, date in feudo ai Marcellini, che le tennero fin sul finire del XIV secolo, quando, per disposizione di Papa Bonifacio IX (1391) e con l’assenso dei monaci di San Paolo, furono assegnate agli Orsini che controllavano allora gran parte dei territori circostanti. Il Concilio di Costanza, però, con determinazione del 1418, annullò le concessioni e infeudazioni fatte durante lo scisma d’Occidente. I possedimenti di Santa Maria tornarono di proprietà dei monaci, che, comunque, preferirono venderli agli Orsini di Tagliacozzo con atto del 1429, approvato da Papa Eugenio IV con bolla del 1433. Gli Orsini mantennero il loro dominio su Marcellina fino al 1558, anno in cui San Polo, Turrita, Santa Maria in Monte e Marcellina furono venduti da Paolo Giordano Orsini, per il prezzo di ventisettemila scudi d’oro, al cardinale Federico Cesi, prozio dell’omonimo fondatore dell’Accademia dei Lincei. I Cesi, che avevano esteso i loro possedimenti in tutta la regione circostante, tennero questa terra migliorandone la conduzione e consentendo un periodo di pace e prosperità che si protrasse fino al 1656, anno in cui una crudele pestilenza flagellò il paese, che, nonostante il graduale ripopolamento, non raggiunse più l’importanza di una volta. D’altra parte la fortuna dei Cesi cominciava a tramontare, tanto che il 2 maggio 1678 Federico, Angelo e Pier Donato Cesi vendettero San Polo, eretto a principato, insieme alla borgata di Marcellina, al principe Giovan Battista Borghese. Nell’ordinamento comunale introdotto da Papa Leone XII nel 1827 questa era considerata frazione di San Polo de’ Cavalieri. Vigorose, e spesso sfociate in vertenze giudiziarie, furono nel corso del secolo passato le iniziative prese per ottenere maggiore considerazione per la frazione, poi per l’autonomia comunale, infine per il regolamento dei confini nei confronti di San Polo.

VITA DI PARROCCHIA

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