Prendersi cura dei malati, «esercizio sinodale di guarigione»

L’11 febbraio è la giornata in cui, guardando al santuario di Lourdes, mettiamo al centro della nostra preghiera i malati. In maniera sempre attuale la profezia di Lourdes (così la definisce papa Francesco) ripropone a noi il mistero della compassione di Dio che si fa prossimo in ogni situazione di fragilità. D’altronde nel Vangelo, prerogativa della sua missione di Messia, vediamo il Maestro che da ogni dove viene raggiunto dalle persone provate dalla malattia. Egli le sana, le guarisce, le tocca e ridona loro la vita, una vita nuova. In maniera rivoluzionaria per i suoi tempi Gesù separa l’esperienza del dolore da quella della punizione e della colpa donando uno sguardo nuovo. Sì perché la sofferenza non è mandata da Dio, ma la fede può far maturare in essa un’occasione di salvezza.

Il malato ci ricorda la nostra fragilità, la caducità della nostra esistenza e il necessario bisogno di guarigione, di salvezza. L’universo malattia, nel suo cuore e in tutto quello che vi ruota intorno, offre a noi la misura della vera umanità. All’esperienza della difficoltà fisica si aggiunge spesso l’isolamento, la solitudine, le difficoltà economiche e lo smarrimento della speranza. 

La buona novella in tutto questo risuona nell’annuncio della parabola del Buon Samaritano, così come il Santo Padre ci dice nella Fratelli Tutti, della quale si fa eco nel messaggio per la Giornata Mondiale del Malato 2023. Avvicinarsi al malato, prendersene cura, farsene carico rimane il modo eminente con cui la Chiesa, “ospedale da campo”, manifesta la presenza di Dio in mezzo agli uomini.

Questa giornata spiritualmente ci lega a quel luogo di pace dei Pirenei, dove la presenza materna di Maria ricorda a ciascuno che non si è soli. Chi ha avuto la grazia di essere pellegrino a Lourdes ha potuto sperimentare tutta la forza di un popolo che si affida, senza distinzione di sani e malati, che prega dove ognuno condivide i pesi dell’altro. Un popolo di devoti che è destinatario di una pace che non può avvenire quando si isola e si scarta chi è più debole e nel bisogno. Auguro quello che la fonte del santuario evoca potentemente: una sorgente d’acqua nuova lì dove non ci aspettiamo sorga nulla, unita al mistero dell’Immacolata che è la testimone più grande del “nulla è impossibile a Dio!”.

Flavio Barberi,
assistente Unitalsi Tivoli