Prosegue la formazione Irc

Nell’incontro formativo del 14 novembre 2024, tenutosi presso il Santuario N.S. di Fatima in San Vittorino Romano per i docenti di Religione Cattolica, il prof. don Massimo Grilli ha aperto la sua relazione con una domanda: «come affrontare la lettura e lo studio di un testo biblico?». L’intervento ha preso le mosse da un concetto basilare contenuto nella Dei Verbum, ove si enuncia che «nella Sacra Scrittura è Dio che ha parlato», «alla maniera umana» (DV12), per cui «le parole di Dio… si sono fatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbo dell’Eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo» (DV13).

Alla luce del testo citato, si può affermare che lo studio del mondo della parola umana è indispensabile per avvicinare la Parola di Dio, in vista di una corretta ermeneutica della Parola ispirata. Il professore ha illustrato poi come sia necessario analizzare tre aspetti importanti che caratterizzano la comunicazione umana, per passare successivamente alle ripercussioni che la teoria della comunicazione può avere sulla lettura del testo biblico. L’incontro con un testo (qualsiasi testo, sia esso quello biblico, oppure un’opera letteraria, un quadro..), rappresenta un evento comunicativo, un evento dia-logico. È possibile individuare tre modelli del processo comunicativo. Il più semplice è il modello lineare dove, da una parte sta il mittente del messaggio, il quale cerca di dare al contenuto da comunicare la migliore forma possibile, ossia una codificazione, dall’altra si colloca il destinatario, che procede ad un’opera di decodificazione, consistente nell’arrivare a comprendere il contenuto trasmesso. In questo modello è trascurata la reazione al messaggio: il ruolo del ricettore infatti è soltanto quello di riconoscere l’intenzione dell’emittente. 

In realtà, la comunicazione umana è un fenomeno molto più complesso e, per tale motivo, nasce il modello di reazione,  che riconosce una funzione attiva anche al ricettore del messaggio, il quale perde il ruolo passivo per diventare un interlocutore attivo, sensibile agli impulsi dell’emittente. Questo modello, certamente più completo del primo, non convince totalmente, poiché  appare piuttosto statico, nonostante il suo carattere interattivo tra emittente e ricevente.

Un terzo modello, definito modello circolare o dialogico, parte dalla convinzione che la comunicazione sia un evento interattivo, ma considera i due interlocutori come impegnati entrambi nella trasmissione e nella ricezione: ricevere, decodificare e rispondere fanno parte infatti di un processo dialogico, nel quale i due soggetti comunicanti costruiscono insieme il messaggio. Il processo comunicativo riesce quando gli orizzonti degli interlocutori si fondono, senza confondersi; la comunicazione è pertanto un processo che uno fa con l’altro, e non all’altro.

Tale terzo modello sembra il più consono a spiegare il processo comunicativo; in quest’ottica il testo, incluso quello biblico, non è un oggetto finito e immutabile, ma è sempre attivo ed operante, in continuo dialogo con chi lo legge.
Il prof. don Massimo Grilli, a questo punto, ha concentrato il focus dell’analisi sulle condizioni di riuscita della comunicazione, sottolineando che la scienza della comunicazione, che va sotto il nome di pragmatica, ne mette in evidenza soprattutto una: la competenza pragmatica.

Secondo tale competenza, il testo non deve essere ridotto ad un insieme di informazioni percepibili in superficie, ma deve essere compreso come depositario di complesse strategie, che esprimono la dinamica interattiva, tipica di ogni comunicazione. Un lettore competente è colui che comprende la funzione pragmatica dell’intero testo, e non solo i contenuti delle singole proposizioni. Perché la comunicazione riesca, il lettore non deve possedere solo una competenza sintattica e semantica, ma anche quella pragmatica; il contesto pragmatico è costituito dall’insieme di credenze, intenzioni, scopi degli interlocutori. Mentre nella semantica tradizionale il contesto è legato a ciò che si dice, nella pragmatica è legato a ciò che si intende dire.

L’autore che scrive effettua supposizioni riguardo alle conoscenze e alle competenze dei propri lettori, presupponendo e creando un “lettore modello”, che si muove interpretativamente, in una cooperazione testuale tra due strategie discorsive: una che si manifesta con un insieme di istruzioni, condizioni, autorizzazioni, ecc.., l’altra che si muove obbedendo a quell’insieme di condizioni testualmente stabilite. Il dialogo tra lettore reale e lettore modello si declina come assolutamente necessario per una comunicazione autentica.

I due non si identificano: il lettore reale è libero di azzardare tutte le interpretazioni che vuole; fatto è che un testo pone le sue “regole del gioco”, attraverso la creazione del lettore modello. La riuscita della cooperazione si ha quando il lettore empirico sta alle regole di questo gioco interpretativo. Il professore ha concluso il suo intervento, in primis prospettando un’analisi della parabola della pecora perduta/smarrita, ossia come questa venga presentata, rispettivamente, sia in Lc 15,3-7, che in Mt 18,12-14; per poi mostrare concretamente agli ascoltatori come l’attenzione al contesto pragmatico si riveli essenziale, ai fini di una corretta comprensione di entrambi i testi, in apparenza uguali, ma estremamente diversi, nell’auspicata ipotesi che il lettore si “arrenda” alle differenti intenzioni/regole degli autori.

Maria Antonietta Rossi