Si è tenuto, giovedì 19 maggio, a San Vittorino Romano, l’incontro di formazione del clero delle diocesi di Tivoli e di Palestrina. A guidare questo momento di riflessione è stato monsignor Giuseppe Mani, arcivescovo emerito di Cagliari.
Strutturata in tre parti, la relazione ha portato pian piano il presbitero a valutare il proprio rapporto nuziale con Gesù. Un rapporto da divorziato, separato in casa, invecchiato, adulto, maturo oppure una bella coppia di amanti? «Quale parroco e quale presbitero oggi?», si è domando monsignor Mani, giustificando il senso del suo interrogarsi con il fatto che si respira sempre più un’aria d’invecchiamento, un senso d’incertezza che fa riflettere sull’identità del presbitero. Da qui nasce anche una richiesta di novità. Il Vescovo ha sottolineato da subito il rischio, per il sacerdote, di sentirsi come un libero professionista, che riceve uno stipendio, a volte senza lavorare. In un secondo momento, il Presule ha cercato di riportare il presbitero all’essenzialità della sua identità e della sua missione: un prete innamorato di Cristo.
Per snodare l’enigma dell’identità sacerdotale che si riassume nell’espressione “uomo di mistero”, monsignor Mani è partito dalla citazione di Virgilio: Forsan et haec olim meminisse iuvabit (“Forse un giorno ci farà piacere ricordare anche queste cose”), frase con la quale, Enea faceva coraggio ai compagni nelle avversità della sorte e nei pericoli (Virgilio, Eneide, I, 203). “Cosa ricordare?”, si è chiesto il Vescovo. Prima di tutto, ogni sacerdote, è preso tra gli uomini, costituito per il bene degli uomini, nelle cose che riguardano Dio. Il sacerdote è assunto da Dio, in un rapporto di amicizia con Lui, per rimanere amici. La preghiera, con al suo culmine l’Eucaristia, è il centro di un tale rapporto. Fare il ponte tra Dio e gli uomini, per le cose che riguardano Dio, è il servizio primario. «Il prete non è un assistente sociale», ha ribadito il predicatore. Il suo primo compito è quello di mettere in contatto l’uomo con Dio. Perciò lo sguardo deve essere fisso su Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede.
Roberto Sisi