Il Vescovo in Cattedrale per la festa del Patrono di Tivoli
Martirizzato durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano del 258, nella quale perse la vita anche il papa Sisto II, san Lorenzo venne scelto come patrono dalla primitiva comunità cristiana tiburtina, che a lui dedicò anche la cattedrale edificata successivamente sul foro romano, nel momento in cui perdevano vita i culti pagani particolarmente forti proprio in quell’area.
Il legame con il diacono dimostrò il particolare rapporto di Tivoli con Roma che, nella celebre espressione di sant’Ignazio di Antiochia, era vista non solo come la sede del successore di Pietro ma anche come la chiesa “che presiede nella carità”.
E proprio di una testimonianza all’insegna dell’amore per il prossimo si era fatto interprete Lorenzo, addetto all’amministrazione dei beni ecclesiastici e all’assistenza dei bisognosi. Secondo la passio gli era stata promessa salva la vita se avesse consegnato i beni della Chiesa, ma egli si presentò all’imperatore alla testa di un corteo di poveri, i veri tesori perché immagine di Cristo. Secondo la tradizione, fu condannato ad essere bruciato vivo su una graticola. Nella Cattedrale tiburtina si conservano un reliquiario contenente un frammento di osso attribuito al martire e un busto seicentesco, quest’anno posizionato nella cappella dell’Immacolata prima di essere trasportato lungo le vie cittadine per la consueta processione.
Il Vescovo Mauro, nella Messa solenne del 10 agosto (che ha visto anche il rinnovo delle promesse da parte di un nutrito gruppo di diaconi delle due diocesi) ha sottolineato come la figura di san Lorenzo, più che mai necessaria per gli uomini del nostro tempo, vada vista in controluce con quella di Cristo. «Gesù – ha ricordato – è il primo che è disposto a “perdere” la sua vita, ad “odiarla” in questo mondo e così la conserva per la vita eterna. “Perdere” la vita, “odiarla” che non vuol dire desiderare di morire, farsi del male, vivere la vita imponendosi sacrifici o vivendo da frustrati in una umiltà di facciata. Ma perdere la vita per gli altri, per amore affinché tramite l’amore che dona, tutti sappiano ricambiare con il loro piccolo e modesto amore il suo Amore grande ed eterno». San Lorenzo insegna ancora oggi la via della comunione in seno alla Chiesa e dell’amore che si fa servizio e cura del bene comune. In questo caso il richiamo è non solo ai credenti, ma a coloro che assolvono importanti responsabilità civili, «a partire – ha aggiunto – dai politici, dal mondo della sanità, dell’educazione… E se quanti sono posti a capo della cosa pubblica non si dicono credenti o non hanno ancora incontrato Dio, nostro compito è pregare per loro e non stancarci mai, con l’esempio più che con le parole, di testimoniare loro Gesù: il chicco di grano caduto in terra per amore af- finché a Lui si conformino».
Antonio Marguccio