Blaise Pascal ha costruito una filosofia sul cuore, intendendolo come organo di conoscenza che comprende in sé tanto le ragioni quanto le intuizioni. In tempi più recenti sono da segnalare certe sottolineature di pensatori esistenzialisti debitori di Pascal; e poi quel filosofo della rottura che fu Bergson. Nei primi anni del ‘900, dopo un periodo troppo lungo in cui aveva predominato la sciocca sicurezza dei positivisti e degli scientisti che insistevano a volersi qualificare come scienziati (e la differenza è enorme!!), Bergson nelle sue affollatissime lezioni alla Sorbona dichiarava la loro ragione «un cimitero di idee morte».
Era tempo di restituire spazio e riflessione al cuore, all’intuizione, e a tutto quanto implementa e completa l’indagine della ragione, evidenziando per quest’ultima, una buona volta, i suoi limiti invalicabili. Insomma, la ragione non conosce da sola, non conosce tutto e non è tutto. Se questa è la temperie intellettuale che attraversa l’Europa dal 1600, anche sul piano della riflessione teologica e, soprattutto, nella preghiera della Chiesa è proprio a partire dal 1600 che l’attenzione al Cuore di Gesù dapprima s’impone per poi dilagare in tutte le parrocchie del mondo.
Intendiamoci: non è che la devozione al Cuore di Gesù nasca nel 1600 a causa della filosofia del cuore. Il tema del Cuore di Cristo è presente nella Scrittura. Occupa uno spazio notevole nei Vangeli. È trattato dai Padri e conosce una stagione felice nel Medioevo; basti pensare a Gertrude la Grande. Ma è col 1600 che – come abbiamo scritto sopra – il tema s’impone per poi diffondersi.
La festa del Sacro Cuore sottolinea un aspetto fondamentale della Rivelazione: Dio è venuto a salvare tutto l’uomo, anche il nostro cuore, che resta orientato all’immensità, ma – ferito dal peccato – non trova niente d’immenso, avendo perduto Dio. Allora il desiderio del cuore si frantuma; si divide in molteplici piccoli e intensi desideri rivolti alle cose e alle persone, che però vede scollegate da Dio. Dotato di un desiderio infinito per l’infinito, ma senza Dio, il cuore cerca l’infinità nelle cose, nelle persone, in ciò che è piccolo e finito, in ciò che muore e si scioglie e scompare. Il cuore così prova piaceri anche intensi ma brevi, non adatti alla propria capacità, non proporzionati, non esaustivi. Insomma, resta deluso e insoddisfatto; e conosce la sofferenza. Questa solennità, dunque, ha un’importanza immensa: solo il cuore di Gesù può colmare il desiderio del nostro cuore, come scrive il grande Agostino: «il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».
Il cuore di Cristo è la sorgente inesauribile dalla quale attingere, così che adesso il cuore umano fatto per l’infinito ritrova l’infinito e finalmente riposa!
Daniele Masciadri