La “teandricità” di Cristo, espressa dal Concilio Ecumenico Costantinopolitano II del 553 con il termine “composizione”, si può analogamente attribuire alla Chiesa. La Chiesa è una realtà teandrica composta da una natura divina, voluta e fondata da Cristo stesso, il Figlio di Dio, e perciò santa; e da una natura umana, composta da uomini e quindi peccatrice, in cammino in questo mondo immanente. Il fondamentale concetto sopra espresso è propedeutico per comprendere l’importanza del presente lavoro di don Gaetano Maria Saccà, Le cause sullo stato delle persone non passano mai in giudicato.
L’autore esamina le problematiche concernenti il canone 1643 e analizza l’importanza, o la mancanza di essa, di tale canone nelle cause penali. Propone anche un approfondimento riguardo alle cause sullo stato delle persone che non passano mai in giudicato, affrontando in maniera esaustiva diverse tematiche.
La sua ricostruzione storica diventa imprescindibile per affrontare il tema del “giudicato” come chiusura definitiva. Questo perché la Chiesa di Cristo, che milita sulla terra, combatte ogni giorno nel corso della storia gli effetti e le ferite derivanti dal peccato originale, le quali non sono eliminate dalla grazia battesimale. Ciò impegna ogni uomo e donna a combattere la propria lotta contro il maligno, il quale getta sale su queste ferite aperte, con l’obiettivo della dannazione eterna di ciascuna anima.
Ci troviamo di fronte al binomio “uomo e storia”, che ci permette di comprendere quanta importanza abbia la cultura di un popolo e la sua storia. In tale contesto, si innesta il ramo nuovo del Vangelo, che porta nuova linfa e nuovi frutti. Questo ramo, però, è completamente diverso: la logica di Dio in esso contenuta è infatti l’esatto opposto di quella del mondo. Partendo dalla fine dell’impero romano e arrivando fino al XVII secolo, il testo analizza le diverse sfaccettature di questa tematica. Vengono esplorate le opere di Graziano, Gregorio IX e altre Decretali, fornendo una panoramica sulle varie situazioni che si sono verificate tra il XIII e il XVII secolo.
Dove c’è l’uomo, c’è il diritto e viceversa. Essendo l’uomo un mistero a sé stesso, porta con sé quel senso di incompletezza che lo apre alla trascendenza. Questo impone fin da subito alla Chiesa di stabilire delle regole, spesso ereditando il loro significato dai diritti presenti nelle diverse culture.
Nel corso della storia, si è verificato un lento slittamento semantico del termine “giustizia”, passando dalla rigidità tipica del diritto romano alla nuova concezione evangelica che mira alla salvezza delle anime.
Attraverso tre distinti capitoli, il testo delinea un excursus storico sulle fonti del diritto canonico che trattano le eccezioni relative al giudicato, esamina le problematiche relative al canone 1643 e analizza l’importanza (o la mancanza di essa) di tale canone nelle cause penali.
Le condizioni della società cambiano, le conoscenze scientifiche permettono di scoprire sempre di più nuovi aspetti dell’umanità e di applicare nuove tecniche investigative nei processi. La calunnia, come una pietra gigantesca che si abbatte su una persona, porta a giudizi viziati nella forma e nel contenuto.
Vengono infatti considerati gli “status” giuridici dei battezzati e degli individui dal Concilio di Trento al pontificato di Benedetto XIV, prestando attenzione alle visioni di teologi e giuristi dell’epoca, per arrivare al De personis del codice del 1917.
Il testo esamina anche lo stato clericale e la pena della dimissione dallo stato clericale, nonché la pena espiatoria della dimissione per i delitti e l’introduzione del concetto di “buona fama”. Vengono esplorati i “lavori” relativi alla codificazione attuale sui doveri e diritti dei Christifideles, ponendo particolare attenzione al diritto alla buona fama. I giudizi temerari, che portano alla condanna di un innocente, devono essere sempre riformabili, anche in virtù della facoltà umana della razionalità, quale aderenza del giudizio alla verità dei fatti. La perenne lotta alla menzogna che la Chiesa è chiamata a combattere è la lotta al padre della menzogna, il diavolo, che si serve delle debolezze umane, spirituali e intellettive, per lavorare affinché ci si dimentichi che il diritto canonico ha come fine la “salus animarum“.
Sono certo che il presente lavoro rappresenterà un contributo importante non solo nel dibattito tra i canonisti, ma anche nell’ambito teologico, poiché le ricadute che questo tema porta con sé coinvolgono anche la teologia morale fondamentale e la pastorale quotidiana che si realizza nelle nostre parrocchie.
Infine, viene affrontato il dibattito se la concessione della nova causae propositio sia un atto di grazia o di giustizia, e si solleva il problema della mancata conoscibilità del canone 1643 nelle norme penali, come evidenziato da S.E. il Cardinale Pompedda.
In conclusione, l’autore offre una lunga e approfondita analisi delle cause relative allo stato delle persone che non passano mai in giudicato. Attraverso un excursus storico sulle fonti del diritto canonico, l’esplorazione delle problematiche legate al canone 1643 e l’analisi della rilevanza di quest’ultimo nelle cause penali, il testo fornisce una comprensione approfondita di questa tematica complessa. Attraverso la discussione di diverse opinioni e l’approfondimento di diverse prospettive, il libro offre una panoramica completa e significativa su questo argomento di rilevante importanza nel contesto giuridico canonico.
In sintesi, il testo offre una visione completa e approfondita delle cause relative allo stato delle persone nel diritto canonico, analizzando le fonti storiche, la dottrina e la loro rilevanza nelle cause penali.
Antonino Telleri,
vicecancelliere vescovile