Venerdì 19 marzo, monsignor Mauro Parmeggiani apre l’anno “Famiglia Amoris laetitia” sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare, anno che si concluderà a Roma il 26 giugno 2022 in occasione del X incontro mondiale delle famiglie alla presenza del Papa. Abbiamo rivolto alcune domande al nostro vescovo riguardo questo anno.
Il Papa ha voluto istituire un anno dedicato alla famiglia a 5 anni dalla promulgazione dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia. Siamo anche nell’anno dedicato a san Giuseppe; può approfondire le motivazioni e lo scopo di questa iniziativa?
Ritengo che gli scopi dell’Anno “Famiglia Amoris laetitia” siano contenuti nella stessa Esortazione Apostolica, che quando uscì attirò l’attenzione dei media soprattutto sul n.305 dell’Esortazione medesima. Là dove si diceva che «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» aiuto che veniva esplicitato nell’ormai famosa nota 351 che così recita: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (EG,44). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG,47)». È stata certamente una intuizione frutto dei Sinodi dei Vescovi sulla famiglia di grande importanza che ha portato molte persone a lasciarsi accogliere, accompagnare, integrare nella vita non soltanto ecclesiale ma anche liturgico-sacramentale. Tuttavia a mio avviso questa legittima concentrazione ha lasciato un po’ in ombra gli altri grandi temi dell’Esortazione che possono essere considerati anche gli scopi, gli obiettivi, dell’Anno “Famiglia Amoris laetitia” ossia quello di “far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che riempie il cuore e la vita intera”, che una famiglia che aiutata dal testo pontificio scopre e sperimenta la gioia di avere un dono e di essere dono per la Chiesa e la società può diventare una luce nel buio del mondo. Un altro obiettivo potrà essere quello di annunciare il valore prezioso del sacramento del matrimonio e “rendere le famiglie protagoniste della pastorale famigliare” e i giovani “consapevoli dell’importanza della formazione alla verità dell’amore e al dono di sé”. Infine ampliare lo sguardo e l’azione della pastorale familiare affinché divenga trasversale, così da includere tutti i componenti la famiglia. Collocare poi la celebrazione di questo Anno all’interno dell’Anno dedicato a san Giuseppe, ritengo sia voler mostrare concretamente come la famiglia sia sempre più chiamata a divenire luogo educativo. Luogo dove la paternità ma insieme anche la maternità diventano capacità di amare, di servizio e di oblazione per la crescita e la libertà dei figli. Ed ancora come la famiglia sia luogo di educazione al lavoro e dove chi educa, come fu Giuseppe, deve essere ombra: ombra del Padre ma anche ombra che segue, accompagna ma non asfissia la libertà degli altri componenti della famiglia, a partire da quella dei figli, esercitando così il vero amore.
Cosa si aspetta da questo tempo di riflessione sulla famiglia nelle diocesi di Tivoli e di Palestrina?
Certamente il raggiungimento degli obiettivi che ho appena elencato ma, concretamente, anche un potenziamento della pastorale di preparazione alle nozze e di accompagnamento degli sposi nei primi anni di matrimonio, nonché appuntamenti per i genitori sull’educazione dei figli. Mi aspetto che le parrocchie ed in primis i presbiteri, i catechisti, gli accompagnatori dei genitori si incontrino insieme non soltanto per decidere le date dei sacramenti dell’iniziazione cristiana o cose analoghe, ma per condividere momenti di catechesi e di vita insieme perché soltanto creando comunità di genitori e figli, pur con alcuni momenti da vivere in tempi e luoghi diversi, si creino comunità che accompagnano i loro ragazzi e giovani anche dopo aver celebrato i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana e con famiglie con la passione missionaria, la passione di annunciare il Vangelo della famiglia. Auspico che si promuovano incontri sulla bellezza e le difficoltà della vita familiare per incoraggiare il riconoscimento del valore sociale della famiglia e la realizzazione di una rete di famiglie e di pastori capaci di farsi prossimi nelle situazioni di fatica.
Mi piacerebbe che le comunità cristiane imparassero a dare maggiore attenzione alle coppie in crisi e a quelle degli anziani. Con i giovani occorrerà promuovere iniziative per riflettere su temi quali la famiglia, il matrimonio, la castità, l’apertura alla vita, l’utilizzo dei social, la povertà, il rispetto del creato. Dovremo dare attenzione anche ai bambini.
Spero poi in un ampliamento del coinvolgimento delle coppie di sposi nelle strutture diocesane e parrocchiali per impostare la pastorale famigliare nonché promuovere collaborazioni tra operatori pastorali formati, seminaristi e presbiteri perché, collaborando con le famiglie, siano all’altezza delle sfide del mondo di oggi. La famiglia Chiesa domestica e la Chiesa dovranno integrarsi
Amoris laetitia come può sostenere concretamente le famiglie cristiane, soprattutto in questo contesto pandemico?
Credo che in questo contesto pandemico, soprattutto durante il lockdown totale del marzo 2020, ma anche oggi, il ruolo centrale della famiglia è venuto ancor più in luce. Ciò che papa Francesco diceva il 27 marzo scorso in Piazza San Pietro ricordando come “Siamo tutti sulla stessa barca” credo che lo abbiano sperimentato moltissime famiglie. Qualcuno diceva che molti rapporti famigliari in quell’occasione si sarebbero infranti. Personalmente ritengo che si siano rafforzati e molte famiglie siano state capaci di innalzare lo sguardo all’Unico che salva. Ora toccherà a noi, evidenziando tutti gli stimoli che ci offre Amoris laetitia, far sì che i germi che la pandemia ha seminato o fatto germogliare nella prova sperimentata da tante famiglie in questo periodo non vadano perduti e soprattutto cresca la solidarietà famigliare al suo interno e tra famiglie.
Maria Teresa Ciprari